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Silvana Suriano
La customer experience online ha assunto una spiccata centralità soprattutto in seguito allo spostamento massiccio, causato dalla crisi pandemica, di moltissimi consumatori sulle piattaforme Web e sull’e-commerce. Un cambiamento nelle abitudini d’acquisto che oggi vede le aziende più preparate, come si ricava dagli ultimi dati dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano. Secondo l’Osservatorio, infatti, l’adozione di tecnologie per la gestione dei dati sui clienti, che è alla base di un approccio realmente cliente-centrico, ha avuto un incremento pari a +15% rispetto al 2019. Segno che le organizzazioni si stanno dotando di strumenti per conoscere e, quindi, migliorare la customer experience, in particolare di quella che il cliente percepisce durante il suo customer journey attraverso i vari touchpoint digitali dove si realizza l’interazione con il brand. Tuttavia, persistono dei ritardi nella realizzazione di touchpoint e micromomenti di interazione efficaci che rendono solo parziale il miglioramento della customer experience online e che, invece, sarebbe opportuno superare seguendo 5 semplici accorgimenti.
Il concetto di omnicanalità a cui rimanda esplicitamente l’Osservatorio dovrebbe essere ormai acquisito. Riuscire, cioè, ad avere una visione esaustiva del percorso del cliente tra i diversi canali di contatto ed essere in grado di tracciare l’insieme delle sue interazioni per una specifica richiesta è il primo tassello per assicurare una customer experience online di qualità. Eppure, a fronte di una crescita della consapevolezza su questo tema da parte della maggioranza del campione, l’indagine del Politecnico segnala che tuttora quasi un’azienda su cinque (il 18% dei casi) dichiara di non possedere alcuna tecnologia capace di integrare dati e informazioni sul cliente. Occorre rimediare se non si vuole essere marginalizzati nei confronti di un mercato in continua evoluzione, una visione integrata permette di offrire ai clienti risposte più esaustive ed efficaci.
Se c’è una cosa che la pandemia ci ha insegnato è che l’azienda non può avere un solo canale di vendita e di contatto con i suoi clienti, ma deve essere pronta a vendere su più canali, fisici o virtuali che siano. Una tale flessibilità serve non solo a rispondere alle emergenze, come quelle imprevedibili dei lockdown che hanno obbligato alla chiusura dei negozi, ma anche al desiderio dei clienti di spostarsi indifferentemente dallo store all’e-commerce anche per esigenze diverse, ad esempio per ricevere assistenza su temi specifici o usufruire di particolari promozioni. La customer experience online, in altri termini, si trasforma in esperienza appagante quando i clienti possono passare da un canale all’altro in maniera fluida e integrata e con informazioni consistenti tra gli stessi.
La sottolineatura sulla customer experience online non deve far dimenticare che all’origine di un’esperienza positiva dell’utente c’è un’esperienza altrettanto positiva di chi, in azienda, si occupa della relazione con la clientela. Nelle organizzazioni tradizionali vi era una netta distinzione tra gli agenti che operavano a contatto diretto con i clienti e gli altri dipendenti, oppure tra chi si relazionava con i clienti in negozio e chi si relazionava su altri canali. Le nuove esigenze hanno rotto questo paradigma organizzativo e ogni dipendente in azienda può divenire un “consulente” virtuale per il cliente. I sistemi devono essere in grado di supportare i dipendenti in questa nuova dimensione di relazione con i clienti e quindi, devono abbattere la separazione tra back-end e front-end rendendo possibile la convivenza e l’integrazione di architetture legacy di vecchia generazione con applicazioni dinamiche che si adattano al mutare della domanda dei consumatori fornendo ai dipendenti tutti gli strumenti per facilitare la loro collaborazione. In conclusione, l’organizzazione, se vuole potenziare la customer experience online non può tralasciare la cura dell’employee experience, perché anche da questa dipende la minore o maggiore soddisfazione di chi compra i servizi o i prodotti dell’azienda.
Tra le ragioni del successo di Amazon, uno dei principali fattori che emergono è la facilità d’acquisto a conclusione del customer journey. Se, al contrario, si volessero studiare le ragioni all’origine di un churn rate (tasso di abbandono) elevato, si scoprirebbe che la farraginosità nell’itinerario che porta alla fase conclusiva di compravendita peggiora la customer experience onlineIn modo analogo, nel caso in cui il cliente abbia l’esigenza di ottenere una risposta e non vi riesca né facilmente né in tempi celeri la sua esperienza di interazione con quello specifico brand sarà negativa. Allineare la giusta risorsa in azienda con i desiderata del cliente garantisce invece un’esperienza al top che porterà a ripetere l’esperienza di acquisto e di interazione con quello specifico brand.
L’Osservatorio Omnichannel Customer Experience ha identificato alcune delle tecnologie che le organizzazioni hanno scelto per accelerare il loro percorso verso l’integrazione dei dati sul cliente. Il 64% del campione possiede un CRM unico, il 44% un Data Lake, il 33% una Customer Data Platform. Quale che sia la soluzione adottata, sempre più spesso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale (AI) consente di ottenere insight accurati che permettono di prendere decisioni aziendali consapevoli. In questo modo qualsiasi strategia di marketing, può fare tesoro dello storico della customer experience online, identificare i touchpoint e le esperienze da migliorare grazie al patrimonio di conoscenza e ai meccanismi di automazione messi a disposizione dall’intelligenza artificiale.